Alla fine del film dei fratelli Coen, sono rimasta disorientata.
Non solo per la violenza eccessiva e gratuita onnipresente nel film (rappresentata
meravigliosamente da una “macchietta”
improbabile come Javier Bardem), ma mi sono sentita come lo sceriffo Bell
che non riusciva a spiegarsi tutto quell’orrore. La risposta l’ho trovata, e
forse ho vinto il mongolino d’oro, nel
titolo del film, citato alla fine proprio dall’eroe buono e perdente della
storia; la chiave di lettura, o dovrei
dire, la chiave di volta: “Non è un paese per vecchi”. Tanta violenza non sarebbe stata
capita dalle precedenti generazioni, forse sorrette da valori morali più
profondi, o semplicemente ancora memori delle brutture delle guerre mondiali. Sta
di fatto, che ciò che non valeva nel film, vale oggi in Italia: il nostro è un
paese per vecchi. I più vecchi (chi ci arriva, ovvio) ricevono la pensione, i
più vecchi possono permettersi due macchine (io neanche la bicicletta), i più
vecchi lavorano, i più vecchi comandano, i più vecchi parlano di giovani che
diventano vecchi e non sono più giovani. Insomma, tra una ventina d’anni, forse
più se li vedo, potrò dire che l’Italia è il paese che mi rappresenta, sebbene adesso mi scamazzi
bene bene.
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